PROCEDURA CIVILE

presso terzi: la guida completa

 I. Marconi

1. Che cos’è il pignoramento presso terzi?

E’ una particolare forma di espropriazione forzata che ha per oggetto beni mobili del debitore in possesso di terzi o crediti del debitore nei confronti di terzi.

Sotto la comune denominazione “pignoramento presso terzi” sono infatti comprese due distinte ipotesi:

  • l’espropriazione di crediti vantati dal debitore nei confronti di terzi;
  • l’espropriazione di beni mobili del debitore in possesso di un terzo e di cui il debitore esecutato non ha diretta disponibilità (ricorrerebbe altrimenti la diversa ipotesi dell’espropriazione mobiliare presso il debitore).

Il pignoramento presso terzi presuppone quindi il necessario coinvolgimento di tre parti:

  • il creditore procedente, parte attiva in senso sostanziale e processuale;
  • il debitore esecutato, parte passiva in senso sostanziale e processuale;
  • il terzo pignorato (c.d. debitor debitoris), parte solo in senso processuale.

2. La normativa di riferimento

La normativa di riferimento in materia di pignoramento presso terzi è contenuta nel Libro III del codice di procedura civile (R.D. n. 1443 del 28 ottobre 1940), dedicato al processo di esecuzione.

Si tratta in particolare:

  • degli artt. da 474 a 512 c.p.c., contenenti i principi generali in materia di esecuzione forzata;
  • degli artt. da 543 a 554 c.p.c., dedicati specificamente al pignoramento presso terzi.

>> Per approfondimenti vedi anche l’


articolo 543 c.p.c. commentato su OneLegale.

3. Pignoramento presso terzi: come funziona?

3.1. Gli adempimenti preliminari

Come in qualsiasi espropriazione l’avvio della procedura esecutiva presuppone l’avvenuta notifica al debitore del titolo esecutivo (sentenza, decreto ingiuntivo esecutivo, cambiale …) e dell’atto di precetto.

Salvo le ipotesi di adempimento immediato previste dall’art. 482 c.p.c., per poter procedere al pignoramento occorre attendere che siano trascorsi almeno 10 giorni (ma non più di 90) dalla notifica dell’atto di precetto al debitore.

3.2. L’ufficio giudiziario competente

Soddisfatte tali condizioni, l’avvocato del creditore redige l’atto di pignoramento presso terzi, prestando attenzione all’indicazione del foro territorialmente competente.

A norma dell’art. 26 c.p.c., per l’esecuzione forzata avente ad oggetto beni mobili è competente il giudice (dunque il Tribunale) del luogo in cui si trovano le cose.

Per l’espropriazione forzata di crediti è invece generalmente competente il giudice (quindi il Tribunale) del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.

A questa regola fa eccezione l’ipotesi in cui il debitore è una pubblica amministrazione: in tal caso è competente il Tribunale del luogo in cui il terzo ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede (art. 26 bis c.p.c.).

Ulteriore eccezione è rappresentata dal pignoramento di crediti promosso nei confronti di Enti ed Istituti esercenti forme di previdenza e assistenza obbligatorie organizzati su base territoriale.

Il pignoramento dev’essere instaurato, a pena di improcedibilità rilevabile d’ufficio, esclusivamente dinanzi al giudice dell’esecuzione della sede principale del Tribunale nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio giudiziario che ha emesso il provvedimento in base al quale è promossa la procedura esecutiva (cfr. art. 14, comma 1 bis, del D.L. n. 669/1996, modificato dall’art. 147 della L. n. 388/2000).

L’art. 14 citato prevede anche che rispetto alle amministrazioni dello Stato, agli enti pubblici non economici e all’ente Agenzia delle Entrate – Riscossione, l’azione esecutiva è preclusa per i 120 giorni successivi alla notifica del titolo esecutivo: prima che sia decorso questo termine, il creditore non può quindi porre in essere atti esecutivi di alcun tipo, ivi compresa la notifica del precetto. 

3.3. La notifica dell’atto di pignoramento

Una volta redatto l’atto di pignoramento, l’avvocato del creditore lo consegna all’Ufficiale Giudiziario (in originale e tante copie uso notifica quanti sono i destinatari), affinchè provveda a notificarlo al debitore e al terzo pignorato.

La notifica dell’atto ad entrambi serve a rendere consapevole il terzo dell’esistenza della procedura, evitando che disponga della somma pignorata in favore del debitore.

È importante sottolineare che i terzi pignorati possono essere anche più di uno, anzi non è affatto infrequente che il creditore proponga il pignoramento nei confronti di una pluralità di terzi.

Ciò accade soprattutto quando il creditore è incerto circa l’esatta allocazione del credito.

Si pensi al caso, affatto infrequente, in cui il debitore è titolare di un conto corrente bancario ma il creditore non sa presso quale filiale sono depositate le somme: in tal caso (pur trattandosi di una scelta spesso antieconomica) il creditore potrebbe decidere di notificare il pignoramento a tutti gli istituti di credito con cui ritiene verosimile che il debitore abbia rapporti di conto corrente attivi.

Nel caso di pignoramento eseguito presso più terzi, l’art. 546 c.p.c. prevede la facoltà per il debitore di chiedere la riduzione proporzionale dei singoli pignoramenti, a norma dell’articolo 496 c.p.c., o la dichiarazione di inefficacia di alcuni di essi.

Sulla richiesta provvede il giudice dell’esecuzione con ordinanza, convocate le parti, entro 20 giorni dal deposito dell’istanza.

3.4. Gli obblighi del terzo

L’art. 546 c.p.c. prevede che dal giorno in cui riceve la notifica dell’atto di pignoramento il terzo è soggetto agli obblighi che la legge impone al custode.

L’obbligo sussiste relativamente alle somme o alle cose da lui dovute e nei limiti dell’importo del credito precettato aumentato della metà.

A prescindere dalla dichiarazione (positiva o negativa) che renderà al creditore, la notifica del pignoramento rende quindi immediatamente indisponibili per il terzo le cose o le somme da lui dovute, rendendolo anche personalmente responsabile verso il creditore pignorante.

Qualora il terzo dovesse violare l’obbligo (adempiendo nei confronti del debitore o consegnandogli il bene pignorato) l’adempimento sarebbe comunque inefficace nei confronti del creditore procedente e di eventuali intervenuti, mentre l’eventuale riconsegna o la sottrazione delle cose detenute comporterebbe l’applicazione delle sanzioni di cui agli artt. 328 e 334 c.p., oltre ovviamente all’eventuale responsabilità per danni nei confronti dei creditori. 

3.4.1. Limitazioni

L’obbligo di custodia imposto al terzo subisce limitazioni se il pignoramento ha ad oggetto somme accreditate su un conto corrente bancario o postale intestato al debitore e da questi percepite a titolo di:

  • pensione o indennità ad essa equiparate;
  • stipendio;
  • salario;
  • altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento;
  • assegni di quiescenza.

In questi casi:

  • se l’accredito ha avuto luogo in data antecedente il pignoramento, gli obblighi del terzo pignorato non operano per un importo pari al triplo dell’assegno sociale (il cui importo per il 2020 è di 459,83 euro mensili).Il pignoramento, ed il corrispondente obbligo del terzo, valgono quindi solo per l’eventuale eccedenza.
  • Se l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente,
    gli obblighi del terzo pignorato operano invece nei limiti previsti dall’art. 545 c.p.c. (cfr. il paragrafo I crediti impignorabili) e dalle disposizioni di legge speciali.

3.4.2. La dichiarazione del terzo

Ricevuta la notifica del pignoramento, il terzo è soggetto anche ad un obbligo ulteriore: deve infatti comunicare al (l’avvocato del) creditore procedente se è debitore del debitore principale.

La comunicazione avviene mediante una dichiarazione che, a norma dell’art. 547 c.p.c. deve indicare:

  • di quali cose o somme il terzo è “debitore del debitore” o si trova in possesso;
  • quando ne deve eseguire la consegna o il pagamento;
  • se precedentemente sono stati eseguiti presso di lui dei sequestri;
  • se gli sono state notificate delle cessioni o ne ha eventualmente accettate.

La dichiarazione, resa personalmente o tramite procuratore speciale o anche mediante difensore munito di procura speciale, dev’essere inviata al (l’avvocato del) creditore procedente tramite raccomandata o posta elettronica certificata entro 10 giorni dalla notifica del pignoramento (cfr. artt. 547 e 543, secondo comma, n. 4 c.p.c.).

Il termine tuttavia non è perentorio e non è affatto infrequente che la dichiarazione giunga dopo che i 10 giorni sono ampiamente decorsi (o che il terzo non la trasmetta affatto).

La dichiarazione è di fondamentale importanza, non solo perché è un elemento integrativo del pignoramento ma anche perché consente al creditore di valutare se iscrivere a ruolo la procedura esecutiva o meno.

3.5. L’iscrizione a ruolo

Eseguita l’ultima notificazione l’Ufficiale Giudiziario restituisce l’atto di pignoramento all’avvocato del creditore.

Dalla data di restituzione dell’atto il legale ha 30 giorni di tempo per iscrivere la procedura a ruolo, pena la perdita di efficacia del pignoramento.

L’iscrizione avviene mediante deposito, nella cancelleria del Tribunale competente per l’esecuzione:

  • della nota di iscrizione a ruolo;
  • delle copie conformi (attestate dall’avvocato) dell’atto di pignoramento notificato, del titolo esecutivo e del precetto;
  • del contributo unificato e della marca da bollo.

A seguito dell’iscrizione a ruolo il cancelliere forma il fascicolo dell’esecuzione che viene trasmesso al magistrato dell’ufficio giudiziario cui è assegnato il procedimento.

3.5.1. La notifica dell’avvenuta iscrizione al ruolo (a cura della redazione)

Il creditore, entro la data dell’udienza di comparizione indicata nell’atto di pignoramento, deve notificare al debitore ed al terzo un avviso di avvenuta iscrizione a ruolo.

L’avviso deve contenere l’indicazione del numero di ruolo della procedura.

Dopodiché l’avviso notificato deve essere depositato nel fascicolo dell’esecuzione.

La mancata notifica dell’avviso o il suo mancato deposito nel fascicolo dell’esecuzione determina l’inefficacia del pignoramento (art. 543 c.p.c. così come modificato dall’art. 1, comma 32, L. 26 novembre 2021, n. 206 che ha inserito uno specifico comma).

>> Per approfondimenti vedi anche:

3.6. L’udienza per la dichiarazione del terzo

Alla data indicata in citazione (o ad altra data, in caso di differimento di udienza da parte della cancelleria) si tiene l’udienza per la dichiarazione di terzo, in cui possono verificarsi diversi scenari:

  • il terzo non ha reso la dichiarazione;
  • il terzo ha reso la dichiarazione ma questa viene contestata dal creditore;
  • il terzo ha reso la dichiarazione che non viene contestata.

3.6.1. Mancata dichiarazione del terzo o dichiarazione contestata

Se il terzo non ha reso la dichiarazione, il creditore procedente ne dà atto all’udienza e il giudice fissa con ordinanza una nuova udienza alla quale il terzo dovrà comparire personalmente per rendere la dichiarazione oltre ad eventuali chiarimenti.

L’avvocato del creditore deve notificare al terzo l’ordinanza di fissazione della nuova udienza almeno 10 giorni prima della data ivi indicata.

Se il terzo non compare a questa seconda udienza, o se compare ma si rifiuta di rendere la dichiarazione, si realizza una sorta di “finzione giuridica”, per cui il credito o il possesso del bene pignorato di appartenenza del debitore si considerano non contestati, ai fini del procedimento in corso e della successiva esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione, nell’ammontare e nei termini indicati dal creditore nell’atto di pignoramento (art. 548 c.p.c.).

In tal caso:

  • se l’allegazione del creditore consente di identificare il credito o i beni in possesso del terzo, il giudice fissa una nuova udienza per l’assegnazione dei beni o dei crediti pignorati;
  • se invece la mancata dichiarazione del terzo non rende identificabili i beni pignorati, o anche se la dichiarazione è stata resa ma il creditore l’ha contestata, il giudice dell’esecuzione, su istanza di parte, accerta l’esistenza e l’ammontare del credito con ordinanza, compiuti i necessari accertamenti nel contraddittorio tra le parti e con il terzo (art. 549 c.p.c.).

L’ordinanza in questione è impugnabile nelle forme e nei termini di cui all’art. 617 c.p.c. (opposizione agli atti esecutivi).

3.6.2. Dichiarazione resa e non contestata

Se il terzo ha reso la dichiarazione al creditore, dichiarandosi quindi possessore di cose o crediti appartenenti al debitore e non vi sono contestazioni, il giudice dell’esecuzione fissa una nuova udienza per l’assegnazione o la vendita dei beni mobili o per l’assegnazione dei crediti.

3.7. L’ordinanza di assegnazione o di vendita

L’assegnazione o la vendita dei beni o crediti pignorati presso il terzo segue le norme generali dettate per l’espropriazione mobiliare presso il debitore (artt. 529 e ss. c.p.c.).

La disciplina è peculiare solo se l’espropriazione presso terzi ha ad oggetto crediti.

L’art. 553 c.p.c. prevede infatti due distinte forme di assegnazione, in base alla natura dei crediti pignorati, a seconda che si tratti di:

  • somme esigibili immediatamente o in termini non superiori a 90 giorni, per le quali l’assegnazione in pagamento è l’unica forma di espropriazione ammessa;
  • somme esigibili in termini superiori a 90 giorni o relative a censi o rendite perpetue o temporanee, per le quali se i creditori non chiedono concordemente l’assegnazione, i crediti si vendono nelle forme disposte per la vendita di cose mobili.

3.8. L’esecuzione dell’ordinanza di assegnazione

L’ordinanza di assegnazione costituisce un nuovo titolo esecutivo in favore del creditore, che questi può spendere direttamente nei confronti del terzo, avviando nei suoi confronti una nuova e distinta procedura esecutiva qualora non dovesse adempiere spontaneamente.

Con alcune recenti pronunce la Corte di Cassazione ha ribadito che l’ordinanza acquista efficacia di titolo esecutivo nei confronti del terzo solo dal momento in cui questi ne ha conoscenza o da un momento successivo, specificamente indicato nell’ordinanza stessa (Cass. sent. n. 1573/18).

Quest’ultima potrà quindi essere semplicemente comunicata al terzo o notificata in forma esecutiva, ma in questo caso la Cassazione ha chiarito che non è possibile notificare contestualmente anche l’atto di precetto e che qualora ciò dovesse avvenire il terzo potrebbe opporsi al pagamento delle spese legali intimategli, non essendo stato messo in condizione di adempiere spontaneamente (Cass. sent. n. 19986/2017).

4. L’atto di pignoramento presso terzi: che cosa deve contenere?L’art. 543 c.p.c. prevede che il pignoramento di crediti del debitore verso terzi o di cose del debitore che sono in possesso di terzi, si esegue mediante atto notificato personalmente al terzo e al debitore a norma degli articoli 137 ss. c.p.c..L’atto, seppur interamente redatto dal legale del creditore procedente, consta di due parti distinte, una iniziale, ad opera del creditore, ed un’altra di competenza dell’ufficiale giudiziario.A norma del combinato disposto degli artt. 543 e 492 c.p.c., l’atto di pignoramento presso terzi deve necessariamente contenere:l’indicazione del credito per cui si procede, del titolo esecutivo e del precetto;la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale competente, nonché l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata del creditore procedente;l’indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute e l’intimazione al terzo di non disporne senza ordine del giudice;la citazione del debitore a comparire davanti al giudice competente;l’invito al terzo a comunicare al creditore procedente la dichiarazione di cui all’art. 547 c.p.c. entro 10 giorni tramite raccomandata o posta elettronica certificata;l’avvertimento al terzo che in difetto di comunicazione dovrà rendere la dichiarazione comparendo in un’apposita udienza e che se non compare o, pur comparendo, non rende la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso delle cose di appartenenza del debitore si considereranno non contestati, ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione, nell’ammontare o nei termini indicati dal creditore;l’ingiunzione (fatta dall’ufficiale giudiziario) al debitore di astenersi dal compiere qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito indicato i beni oggetto di espropriazione e i relativi frutti;l’invito (rivolto sempre dall’ufficiale giudiziario) al debitore ad effettuare presso la cancelleria del giudice dell’esecuzione la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio in uno dei comuni del circondario in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione, con l’avvertimento che in mancanza o in caso di irreperibilità presso la residenza dichiarata o il domicilio eletto, le successive notifiche o comunicazioni a lui dirette saranno effettuate presso la cancelleria dello stesso giudice;l’avvertimento (dell’ufficiale giudiziario) al debitore che, ai sensi dell’art. 495 c.p.c. può chiedere di sostituire ai crediti pignorati una somma di denaro pari, oltre alle spese di esecuzione, all’importo dovuto ai creditori pignoranti e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese sempre che, a pena di inammissibilità, depositi in cancelleria, prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione a norma degli artt. 530, 552 e 569 c.p.c., la relativa istanza unitamente ad una somma non inferiore ad 1/6 dell’importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori eventualmente intervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento, dedotti i versamenti effettuati, di cui deve essere data prova documentale;l’ulteriore avvertimento (dell’ufficiale giudiziario) al debitore che, a norma del secondo comma, terzo periodo dell’art. 615 c.p.c., l’opposizione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l’assegnazione a norma degli artt. 530, 552 e 569 c.p.c., salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero che l’opponente dimostri di non averla potuta proporre tempestivamente per causa a lui non imputabile.5. I crediti impignorabiliL’art. 545 c.p.c. individua alcune tipologie di crediti che non possono essere pignorati, distinguendo tra impignorabilità assoluta e relativa.Sono assolutamente impignorabili:i crediti aventi ad oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri;i crediti aventi ad oggetto sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, enti di assistenza o istituti di beneficenza;i crediti derivanti da pensioni di invalidità.Sono relativamente impignorabili:i crediti alimentari, gli stipendi, i salari e le altre indennità dovute da privati per rapporto di lavoro o di impiego (comprese quelle dovute a causa di licenziamento): questi crediti sono pignorabili per alimenti nella misura determinata con decreto dal Presidente del Tribunale o di un giudice da lui delegato; diversamente sono pignorabili nella misura massima di 1/5 del loro ammontare;i crediti per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, pignorabili nella misura di 1/5 del loro ammontare;le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, indennità che tengono luogo di pensione o altri assegni di quiescenza, pignorabili solo per l’importo eccedente la misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà (per l’anno 2020 l’assegno sociale è pari a 459,83 euro mensili).La parte eventualmente eccedente tale ammontare è invece pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma dell’art. 545 c.p.c. nonché dalle speciali disposizioni di legge.Se concorrono più cause di impignorabilità tra quelle precedentemente menzionate, il pignoramento non può comunque estendersi oltre la metà dell’ammontare delle somme predette.Sono relativamente impignorabili, purchè le somme siano accreditate su c/c bancario o postale intestato al debitore, anche:le indennità relative al rapporto di lavoro privato o di pubblico impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento;le prestazioni previdenziali a titolo di pensione o assegni di quiescenza.Tali somme sono pignorabili:·nella misura eccedente il triplo dell’assegno sociale, se l’accredito è anteriore al pignoramento;·nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma dell’art. 545 c.p.c. nonché dalle speciali disposizioni di legge, se l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente.Il pignoramento eseguito sulle somme indicate dall’art. 545 c.p.c., in violazione dei divieti ed oltre i limiti previsti dalla norma e dalle disposizioni di legge speciali, è parzialmente inefficace (limitatamente alla parte eccedente il consentito) e l’inefficacia è rilevabile d’ufficio dal giudice (art. 545, comma nove, c.p.c.).6. I costi del pignoramento presso terziIntraprendere una procedura di pignoramento presso terzi ha costi variabili, legati non solo al valore del compendio pignorato ma anche al numero di terzi coinvolti nel procedimento.Di seguito i principali costi, con l’indicazione approssimativa del loro ammontare.Notifica del titolo esecutivo e del precetto:il costo varia a seconda della tipologia di notifiche (via pec, a mano, per posta) e del numero di destinatari (uno o più esecutati) e subisce variazioni ulteriori anche in base alle tariffe applicate dall’ufficio UNEP (Ufficio Notifiche Esecuzioni e Protesti) di riferimento.Di regola il costo di una notifica individuale è compreso indicativamente tra i 20,00 e i 50,00 euro.Notifica dell’atto di pignoramento:anche i costi di notifica del pignoramento risentono delle predette variazioni, in particolare del numero dei terzi coinvolti nel procedimento.A questi costi dovranno poi aggiungersi le spese di spedizione postale dell’atto all’UNEP competente, se l’Avvocato ha promosso l’espropriazione al di fuori dal proprio foro territoriale di appartenenza.Inoltre, se la notifica non dovesse andare a buon fine (ad esempio perché il debitore o il terzo si sono nel frattempo trasferiti o risultano irreperibili) andrà necessariamente rinnovata, effettuando di regola indagini ulteriori (visure camerali, certificati anagrafici di residenza) e sostenendo le relative spese.Iscrizione a ruolo del pignoramento:per cui occorronouna marca da bollo da 27,00 euro, a titolo di anticipazione forfettaria dei diritti di notifica;un contributo unificato di importo variabile in base al valore della causa, determinato dall’ammontare del credito per cui si agisce.L’importo del contributo unificato ammonta a:43,00 euro per i procedimenti espropriativi di valore inferiore a 2.500,00 euro;139,00 euro per i procedimenti di espropriazione di valore superiore a 2.500,00 euro.Compenso avvocato:ai costi precedentemente indicati dovrà aggiungersi il compenso liquidato dal giudice al legale che ha assistito il creditore nel corso della procedura esecutiva.Gli importi sono indicati nelle tabelle allegate al D.M. n. 55/2014 (“Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense”) e variano in base al valore del procedimento. Indicativamente il compenso medio per una procedura di pignoramento presso terzi, di valore compreso tra 1.100,00 e 5.200 euro si aggira attorno agli 850,00 euro, oltre a rimborso forfettario, Iva e C.p.a. (cassa previdenza avvocati).Imposta di registrazione ordinanza di assegnazione:ultimo, ma non trascurabile costo a carico del creditore pignorante, è quello legato all’imposta di registrazione dell’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione dispone l’assegnazione delle somme pignorate in suo favore e pari a 200,00 euro.7. Come bloccare un pignoramento presso terzi7.1. L’accordo con i creditoriUna prima possibilità è quella di trovare un accordo con i creditori, soluzione spesso gradita anche a questi ultimi soprattutto in ragione dei costi e tempi della procedura esecutiva.La proposta di accordo sarà verosimilmente formulata dall’avvocato del debitore e, se accettata, verrà formalizzata in un accordo transattivo.Il contenuto dell’accordo è tendenzialmente libero e concordato dalle parti; tipicamente vede l’impegno del debitore a versare il dovuto con correlata rinuncia del creditore alla procedura esecutiva.Di regola gli schemi transattivi più frequenti sono il saldo e stralcio (estinzione del debito mediante il pagamento di una somma ridotta rispetto al credito complessivamente vantato, versata immediatamente o a breve termine) o la corresponsione dilazionata del dovuto, anche se nulla vieta alle parti di combinare entrambi.Va detto però che in pendenza di trattative e fintanto che l’accordo non è concluso l’esecuzione non è sospesa.7.2. L’adempimento “nelle mani” dell’ufficiale giudiziario Altra possibilità per evitare il pignoramento è quella di adempiere direttamente “nelle mani” dell’ufficiale giudiziario.L’art. 494 c.p.c. prevede infatti che il debitore può evitare il pignoramento di crediti versando all’ufficiale giudiziario la somma per cui si procede e l’importo delle spese, con l’incarico di consegnarli al creditore.Analogamente può evitare il pignoramento di cose depositando nelle mani dell’ufficiale giudiziario, in luogo dei beni, una somma di denaro uguale all’importo del credito per cui si procede e delle spese, aumentata di 2/10.7.3. La conversione del pignoramentoL’art. 495 c.p.c. prevede che, prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione, il debitore può presentare istanza (c.d. “di conversione” del pignoramento) con cui chiedere di sostituire ai beni pignorati una somma di denaro pari, oltre alle spese di esecuzione, all’importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese.A tal fine deve depositare in cancelleria, unitamente all’istanza, una somma non inferiore ad 1/6 dell’importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti di eventuali intervenuti, dedotti i versamenti effettuati.La somma complessiva da sostituire al bene pignorato è determinata dal giudice dell’esecuzione con ordinanza, sentite le parti in udienza, non oltre 30 giorni dal deposito dell’istanza di conversione e se ricorrono giustificati motivi il pagamento può avvenire anche in maniera rateale, entro il termine massimo di 48 mesi.Ogni 6 mesi il Giudice provvede a pagare il creditore pignorante o a distribuire tra gli intervenuti le somme nel frattempo versate dal debitore.In caso di omissione o ritardo nel pagamento superiore a 30 giorni, le somme già versate entrano invece a far parte dei beni pignorati e ne è disposta la vendita a richiesta dei creditori.L’istituto in questione è frequentemente impiegato nelle espropriazioni immobiliari, dove consente di soddisfare le istanze creditorie con l’esigenza del debitore di conservare la disponibilità del bene pignorato fino all’integrale pagamento del dovuto.Sorge quindi spontaneo chiedersi se possa trovare applicazione anche nel pignoramento presso terzi.Il Tribunale di Milano si è pronunciato sulla questione, dichiarando ammissibile la domanda di conversione nel pignoramento presso terzi di crediti ma escludendo la possibilità di rateizzazione delle somme dovute (Trib. Milano, ord. 17 maggio 2017).Ha infatti osservato che la ratio sottesa alla rateizzazione di cui all’art. 495 c.p.c. è proprio quella di contemperare l’esigenza del creditore alla piena e pronta soddisfazione del credito con quella del debitore a conservare il bene pignorato.Tale esigenza non sussiste nel pignoramento presso terzi che ha ad oggetto crediti, in cui vi è già una somma liquida ed esigibile che va quindi assegnata al creditore in un’unica soluzione.7.4. L’opposizione al pignoramentoIl pignoramento può essere “bloccato” anche a seguito di opposizione.Esistono diverse tipologie di opposizione, distinte a seconda del soggetto che le propone e soprattutto dei motivi su cui sono fondate:opposizione all’esecuzione;opposizione agli atti esecutivi;opposizione di terzo all’esecuzione.Va comunque chiarito che l’opposizione, di qualunque tipo sia, non sospende automaticamente il pignoramento ma è il giudice a doversi pronunciare in tal senso se ritiene verosimili le contestazioni sollevate dall’opponente.In tal caso la sospensione può essere disposta sia prima dell’udienza (se ricorre una situazione di urgenza) sia a seguito di quest’ultima.7.4.1. Opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) Con l’opposizione all’esecuzione il debitore contesta il diritto della parte istante a intraprendere il pignoramento, ritenendo che non ne sussistano le condizioni (difetto di titolo esecutivo, impignorabilità dei beni esecutati, difetto di legittimazione passiva dell’esecutato).Il secondo comma dell’art. 615 c.p.c. prevede che l’opposizione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita, salvo sia fondata su fatti sopravvenuti o l’opponente dimostri di non averla potuta proporre tempestivamente per causa a lui non imputabile.Il termine ultimo per proporre opposizione all’esecuzione è quindi quello di pronuncia dell’ordinanza di vendita da parte del giudice dell’esecuzione.Per quanto riguarda la forma:se l’esecuzione non è ancora iniziata l’opposizione si propone come opposizione a precetto, con citazione dinanzi al giudice competente che, su istanza di parte, può sospendere l’efficacia esecutiva del titolo concorrendo gravi motivi;se l’esecuzione è iniziata l’opposizione si propone invece con ricorso al giudice dell’esecuzione.7.4.2. Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.)Con l’opposizione agli atti esecutivi il debitore non contesta il diritto dell’istante a procedere all’esecuzione bensì le modalità con cui è stata intrapresa, lamentando quindi l’esistenza di vizi formali degli atti del processo esecutivo (vizi di notificazione del titolo o del precetto).Il termine perentorio per proporre opposizione è di 20 giorni dal compimento del singolo atto o dal momento in cui il soggetto ne ha avuto conoscenza.Anche in tal caso le modalità di proposizione differiscono a seconda che l’esecuzione sia già iniziata o meno:se l’opposizione precede la notifica del pignoramento si propone con atto di citazione dinanzi al giudice territorialmente competente indicato nell’atto di precetto;se l’opposizione interviene ad esecuzione iniziata si propone con ricorso al giudice dell’esecuzione.7.4.3. I rimedi a tutela del terzo pignoratoSi è detto che il terzo esecutato è sostanzialmente estraneo al procedimento esecutivo intrapreso dal creditore, in cui riveste il ruolo di parte solo in senso processuale.Non sussiste infatti un rapporto di debito – credito tra questi e il creditore procedente ed il terzo è coinvolto nella procedura solo perché è a sua volta debitore dell’esecutato.Non è tuttavia escluso che anche il terzo debba difendersi dal procedimento esecutivo, ad esempio perché non ha alcun debito nei confronti del debitore, oppure perché il suo debito è di importo inferiore rispetto al credito per cui si procede in sede esecutiva.Consapevole di ciò il legislatore ha previsto che il terzo debba trasmettere la dichiarazione ex art. 547 c.p.c., consentendogli così di quantificare o disconoscere l’esistenza del suo debito verso il debitore esecutato.Si è detto però che se il terzo non rende la dichiarazione e ciò non è ostativo all’identificazione e quantificazione del compendio pignorato, il giudice può comunque pronunciare l’ordinanza di assegnazione in favore del creditore procedente.Ad ulteriore tutela del terzo, l’ultimo comma dell’art. 548 c.p.c. prevede quindi che questi possa impugnare l’ordinanza, nelle forme e nei termini di cui all’art. 617 c.p.c. (opposizione agli atti esecutivi), se prova di non averne avuto tempestiva conoscenza per:irregolarità della notificazione;caso fortuito;forza maggiore.7.4.4. Opposizione di terzo all’esecuzioneNon è infrequente che il pignoramento colpisca beni che il creditore ritiene di proprietà del debitore ma dei quali è in realtà titolare un terzo (distinto dal terzo pignorato).In tal caso l’espropriazione può essere “bloccata” anche a seguito dell’opposizione di terzo proposta da questo soggetto.L’art. 619 c.p.c. prevede infatti che il terzo che pretende di avere la proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati può proporre opposizione, con ricorso al giudice dell’esecuzione, prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione in pagamento dei beni.L’art. 620 c.p.c. contempla anche l’ipotesi di opposizione tardiva da parte del terzo, proposta cioè dopo che è stata effettuata la vendita.Una recentissima pronuncia ha tuttavia escluso l’esperibilità di quest’ultimo “rimedio” in sede di espropriazione presso terzi, ritenendo invece ammissibile l’opposizione di terzo all’esecuzione ex art. 619 c.p.c., purchè ovviamente proposta da un soggetto estraneo al procedimento esecutivo, diverso dunque dal debitor debitoris (Cass., sent. 6 febbraio 2020, n. 2868).

8. Casistica (paragrafo a cura della redazione)Il creditore può ampliare l’oggetto del giudizio solo se estende ritualmente il pignoramento notificando l’intervento al debitore e al terzo (Cassazione civile, sentenza n. 1170/2022).In sede di accertamento dell’obbligo del terzo pignorato il creditore procedente è terzo rispetto ai rapporti intercorsi tra il debitore esecutato e il debitor debitoris. Consegue che la quietanza di pagamento rilasciata dal debitore al terzo pignorato può essergli opposta solamente a condizione che abbia, ai sensi dell’art. 2704 c.c., data certa anteriore alla notificazione dell’atto di pignoramento (Cassazione civile, ordinanza n. 24867/2018).Qualora un pignoramento presso terzi abbia ad oggetto un credito che, a sua volta, è stato già azionato in sede esecutiva, il terzo pignorato ha l’onere di dichiarare tale circostanza ai sensi dell’art. 547 c.p.c., restando altrimenti esposto al rischio di restare obbligato sia nei confronti del proprio creditore originario, sia del creditor creditoris (Cassazione civile, sentenza n. 14597/2020).La nullità del processo esecutivo non può essere fatta valere nell’ambito del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo (Cassazione civile, ordinanza n. 20338/2020).Il terzo deve provare di essere titolare del diritto sui beni sia quando il pignoramento è avvenuto nella casa del debitore, sia quando è avvenuto altrove (Cassazione civile, sentenza n. 40751/2021).


Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *